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L'Arancino di

Antologia dell'Etna

 

Arancini di riso

 
 
 

 

 

 

 

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Gli Arancini

   Il termine arancia deriva probabilmente dal sanscrito, come poi dallo spagnolo o come nel francese antico orenges quindi tutti derivati dal sanscrito: nagaraja che significa frutto prediletto dagli elefanti. .

   Si presume che l’origine di questa pietanza, come di tutte quelle a base di riso nell’Italia meridionale, sia da collocare durante la dominazione araba, tra il IX e l’XI secolo. Gli Arabi avevano infatti l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello. Come notava Giambonino da Cremona nel XIII secolo nel suo Liber de ferculis, gli Arabi tendevano a chiamare tutte le loro polpette con un nome che rimandasse a un frutto in qualche misura simile. Non sappiamo però come lo chiamassero gli arabi. In dialetto siciliano si chiamava “arancinu”.

    L’arancino siciliano comparve molto tardi nei ricettari che oggi conosciamo: nel XIX secolo. Al punto che alcuni dubitano di un reale collegamento con la cucina araba. Nel Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi (1857) compare il termine “arancinu”, definito come “vivanda dolce di riso fatta alla forma “dell’aranciu”. Il passaggio al salato è documentato per la prima volta nel Nuovo vocabolario siciliano-italiano di Antonino Trina (1868), ed è probabilmente a questa variante che si ispirano le “crocchette di riso composte” dell’Artusi, che però non prevedono ancora né la carne, né il pomodoro, probabilmente una introduzione di poco posteriore.

   Ma se il termine originale è “arancinu”, come tradurlo in italiano? Al maschile o al femminile? Seguiamo il ragionamento della Crusca: “Nel dialetto siciliano, come registrano tutti i dizionari dialettali, il frutto dell’arancio è aranciu e nell’italiano regionale diventa arancio”. Quindi “arancinu” nel dialetto siciliano era ed è declinato al maschile, come attestano entrambi i vocabolari ottocenteschi sopra citati. “Del resto, alla distinzione di genere nell’italiano standard, femminile per i nomi dei frutti e maschile per quelli degli alberi, si giunge solo nella seconda metà del Novecento, e molti parlanti di varie regioni italiane - Toscana inclusa - continuano tuttora a usare arancio per dire arancia”. Anche per Academia Barilla si chiamano arancini.

 

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Ricetta classica di arancino al ragù

 

  INGREDIENTI:per 4 persone

Per gli arancini

380 g di riso

200 g di pane grattugiato

4 uova

50 g di burro

80 g di Parmigiano Reggiano grattugiato

sale e pepe

farina 00 (doppio zero)

1 uovo per l’impanatura

 

 Per il ripieno

200 g di carne di maiale macinata

Una cipolla

30 ml di olio extravergine di oliva

100 ml di vino bianco secco

30 g di concentrato di pomodoro

50 g di piselli già sgranati

60 g di Pecorino primo sale

60 g di Caciocavallo

olio di arachidi per friggere

Un Pizzico di zafferano

 

 PREPARAZIONE:

Fate lessare i piselli sgranati in poca acqua leggermente salata. Sbattete con l’apposita frusta, in una capiente ciotola le quattro uova intere e tenetele in fresco.

 

In una casseruola portate ad ebollizione un litro d’acqua.

 

Quando comincia a bollire aggiungete una presa di sale grosso, quindi versate nell’acqua salata il riso e fatelo cuocere a fuoco moderato (solitamente sono necessari circa 15 minuti), mescolando continuamente finché avrà assorbito tutta l’acqua.

 

A questo punto togliete il riso dal fuoco e incorporatevi rapidamente le 4 uova sbattute, il burro e il Parmigiano Reggiano grattugiato. Per fare il ripieno, tritate la cipolla. Mettete l’olio in un largo tegame e collocatelo sul fuoco medio; aggiungete la cipolla e fatela appassire, cioè fatela leggermente ammorbidire. Aggiungete la carne e fatela rosolare.

 

Aggiungete ora il concentrato di pomodoro e il vino e fateli evaporare. Versatevi anche un goccio d’acqua calda, un pizzico di sale e una spolverata di pepe. Fate cuocere per 20/30 minuti a fuoco basso e poi fate raffreddare.

 

Unite i pisellini lessati, lo zafferano, il formaggio tagliato a cubetti e il caciocavallo grattugiato.

 

Con le mani inumidite, prelevate un pugno di riso, spianatelo sul palmo della mano, deponetevi una cucchiaiata del ripieno ottenuto e richiudetevi sopra il riso con le dita: otterrete così una pallina della grandezza di un’arancia al cui interno è rimasto il ripieno.

 

Impanate gli arancini passandoli per prima cosa nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato.

 

Nel frattempo mettete sul fuoco medio una padella o pentola con una quantità di olio sufficiente a ricoprire interamente gli arancini.

 

Quando l’olio sarà bollente (potete verificare la temperatura con qualche briciola dell’impanatura) friggeteli rigirandoli delicatamente almeno una volta.

 

Quando saranno dorati prelevateli con l’apposito padellino forato e adagiateli su carta assorbente.

 

 

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