|
Alla luce di quanto fino ad ora riportato, mi sorge spontanea
una considerazione sui nostri giovani. In particolare mi
riferisco a quei giovani di età compresa tra i 16 e 30 anni,
ragazzi/giovani che incontro e con i quali mi pregio di entrare
in confidenza; raccolgo le loro confidenze, esternazioni,
desideri, aspettative ed obiettivi; mi chiedo: è ancora il caso
di imbrigliarli nella ricerca e nella condivisione di questa
identità siciliana di facciata, antica (non storica), logora e fuorviante, oppure insegnare
loro a costruirsi una identità per il futuro in un contesto
moderno, produttivo e di rispetto per la persona, lontano da
questa terra “ingrata”, logorata, vilipesa e impoverita da certa
politica che i governanti non hanno saputo governare. Quei
governanti che si sono alternati sulle costosissime poltrone
della “politica” che servono solo a sé stessi, ai loro parenti e
forse pure ai loro amici. Non era questa la terra che volevo
narrare.
Non guardo mai alle singole realtà produttive, guardo il
quadro complessivo regionale in tutti i comparti. Siamo stati il
granaio d’Italia, adesso Ramacca è dimenticata. I nostri agrumi
rappresentavano l’eccellenza europea, finiti. Rimangono piccole
nicchie di mercato che non riescono ad alzare il pil regionale.
Si continua ad erogare denaro pubblico in una “formazione” che
non forma e laddove lo facesse mancano le strutture per creare i
posti di lavoro; si creano stipendi a carico di altri stipendi
con servizi non richiesti e spesso del tutto inutili: i call
center.
Pochi e inarrivabili sono i posti che si rendono
disponibili da “questa università” dove i giovani sono spesso
lasciati in balìa di docenti di passaggio ai quali non frega
niente di niente; o la sai come dice lui o rimani impelagato.
Qui non esistono politecnici e questo è il più grosso handicap.
|
|