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Larderia

(Messina)

 
 
 
 

 

 

   Larderia è una frazione del comune di Messina, costituita da Larderia Superiore e Larderia Inferiore. Fa parte della Circoscrizione I, denominata "Normanno", del capoluogo peloritano. Situata in una vallata attraversata dal torrente omonimo proprio sotto il monte Dinnammare. Uno spettacolo panoramico unico sullo stretto di Messina e tantissimi eventi tradizionali fanno di questo paese uno dei più attivi e conosciuti della provincia di Messina. Nella località si trova anche un'estesa zona artigianale e industriale ASI (il Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della provincia di Messina).

 

   L'ipotesi più fondata sulle origini del toponimo "Larderia" (conosciuto in passato anche con la variante Lardarìa, ancora presente nel dialetto) è quella che lo fa derivare dalla stessa radice del verbo greco αρδέυω/άρδω ("irrigare", "innaffiare") da cui, con epentesi dell'articolo (L'Ardaria), si ebbe appunto "Lardaria" con il significato di "luogo ricco di acque". Tale ipotesi è rafforzata dal documento di dotazione della vicina Abbazia basiliana di Santa Maria di Mili (1092) in Mili San Pietro, in cui il Conte Ruggero d'Altavilla, nell'indicare i confini del territorio abbaziale, ricorda "il grande fiume", identificabile chiaramente con l'odierno torrente Larderia.

 

   Già nel Trecento, nelle note delle „Ratione Decimarum“ si trova menzionato il casale di Larderia (chiamato a volte Lardaria). Era feudo dell’Arcivescovo Berardo (1197 - 1233), che concesse ai contadini, trasferitisi in quei territori, un appezzamento di terreno, in cambio di un canone annuo di un tarì.

 

   Il Senato messinese ostacolò spesso l’Arcivescovato per il possesso di Larderia. E il contrasto raggiunse punte altissime nel 1619, quando l’arcivescovo Andrea Mastrilli scomunicò tutti i senatori, invocando anche l’aiuto del Pontefice, del Re e della Corte di Palermo.


   Dopo la rivolta antispagnola del 1684, il casale fu acquistato da Don Aloisio, membro della famiglia Moncada, per ritornare nel 1727 sotto la giurisdizione del Senato, quando ad Aloisio era succeduto il figlio Francesco. I Moncada continuarono comunque a fregiarsi del titolo „Principi di Larderia“.

 

   La famiglia dei Moncada era in Sicilia già dai primi anni del quattordicesimo secolo. Ebbero grandissimo rilievo nella storia dell’isola, e le loro vicende furono spesso legate a fatti di violenza o di sangue. Nel Quattrocento divennero duchi di Monforte e intrecciarono legami fittissimi con la corona d’Aragona.

 

   Appena cent’anni dopo i Moncada avevano in mano le sorti di gran parte della Sicilia ed occupavano posti di prestigio e di potere.


   Don Aloisio Moncada acquistò nel 1684 il casale di Larderia ed ottenne il titolo di Principe.

 

   Nel 1727, dopo che il figlio Francesco aveva preso il suo posto, il casale tornò sotto la giurisdizione del Senato. Lo stesso Francesco, come Vicario di Filippo V, Re di Spagna e Sicilia, rimase coinvolto in prima persona nei tumulti scoppiati a Messina nel 1718, a causa dell’aumento del prezzo del pane. Un altro discendente, Guglielmo, partecipò nel 1720 alla cavalcata che si svolse a Messina in onore di Carlo V, terzo re di Spagna e di Sicilia.

 

   I terremoti del 1783 del 1908 hanno cancellato pezzi di storia di tutto il quartiere Normanno.

 

   Travagliata, la storia di Larderia, caratterizzata dalla famiglia Moncada, a partire dal 1690. La loro residenza, Palazzo Moncada, fu costruito nella prima metà del Settecento. E’ un palazzo severo e maestoso, posto sopra il casale, in modo da poter dominare la vista di tutta l’area.


   L’ingresso centrale è costituito da un portale bugnato ad arco, al di sopra del quale sorge lo stemma in pietra della famiglia. Al centro vi era un ampio balcone, di cui oggi restano soltanto le mensole in pietra decorate da volute e foglie d’acanto e rose. Affiancano il portale, i due balconi barocchi.


   Al piano terra del palazzo si trovavano le carceri, mentre in fondo al corridoio d’ingresso si apriva una voragine in cui i Moncada facevano precipitare i propri nemici. E proprio alcuni dei resti di questi nemici sono stati riportati alla luce da restauri del primo ventennio del Novecento.

 

   Da ricordare, sempre a Larderia, la fortezza umbertina Cavalli a Montegallo(XIX secolo) appartenente ai cosiddetti „Forti umbertini“, realizzati nel tardo Ottocento (1882-1892, circa) per difendere l’area dello Stretto.

 

   La costruzione segue sempre lo stesso modello, e imitano le fortificazioni rinascimentali con fossati, spigoli profilati in pietra, cornici. Dei "Forti Umbertini“ è scomparso solo quello di Dinnammare. Gli altri sono "Salice“, "Faro Superiore“, "Musolino“, "Campo Italia“, "San Jachiddu“, "Ogliastri“, "Bisconte“ e "Petrazza“, "Santa Lucia sopra Contesse“, e la casa del Barone Corcicero (non più esistente; essa sorgeva nei pressi del piano San Nicolò, vicinissima alla Casa Professa dei Gesuiti. Il barone, capofamiglia legato a molteplici vicende delle contrade del terzo quartiere, era vicino alla famiglia Moncada per vari motivi.

 

   Secondo un aneddoto, nei primi decenni del Settecento, nel pieno della lotta fra Spagnoli e Savoia, si era sparsa la voce che il principe di Larderia, Francesco Moncada (maestro razionale del Patrimonio e vicario generale del Regno), aveva deciso di aumentare il prezzo del pane a “grana cinque la coppia“. In quella circostanza furono numerosissime le proteste dei cittadini, che accorsero sotto la casa del barone Corcicero per manifestare contro il provvedimento del reggente. Questo anche perché lo stesso Francesco Moncada era proprio dirimpettaio dei Corcicero, e abitava in quel momento nella stessa Casa Professa dei Gesuiti.

 

 

 
 
 
 

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