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Decadimento inarrestabile dei centri storici

     Intere città ritornano agli antichi umori ancestrali pregni di sapori antichi, genuini e poveri, ripudiando la modernizzazione delle culture che formano la complessa e mai avviata evoluzione dell'uomo nel contesto del terzo millennio.

     Come se questa gente avesse paura di perdere la "tutela" del luogo natio, degli usi e dei costumi che ne hanno accompagnato la grama esistenza.

     Se l'uomo è parte del tutto che compone l'universo e in esso cerca ancora la propria dimensione reale non manifestando appartenenza ma padronanza, ecco le la stessa natura gli si rivolta contro cercando ristabilire gli elementi naturali che le consentono la sopravvivenza.

     Questa gente che si insinua nel tessuto urbano, nel degradato centro storico, nei vicoli di esso, trasforma l'ordito delle costruzioni storiche e conseguentemente il disegno originario del tessuto sociale costringendo il cittadino più abbiente che ancora sopravvive nelle città, alla paura della sopraffazione sociale; al timore della perdita dello status sociale, al terrore di sentirsi franare sotto i piedi il terreno della solidità economica a causa dell'impoverimento del territorio.

     Così finisce il modello di centro storico inteso come richiamo storico culturale capace di richiamare visitatori - quindi turisti - ammaliati dal ricco patrimonio artistico, architettonico e culturale. Conoscenza e coscienza di esso non alimentano più la curiosità dei giovani perchè lo stesso, così ridotto, evidenzia scenari culturalmente insalubri permeandoli di umori ancestrali e violenti, sgorgati dalle profondità dei tormenti dell'anima - individuale e collettiva - che non si riconosce più nel sentimento del tempo e della ragione dell'esistere.

     Tutto ciò chiude irrimediabilmente alla tutela, valorizzazione e promozione del Patrimonio Culturale mobile, artistico e architettonico e concausa è la nessuna lungimiranza politica. Radicato attaccamento alle tradizioni? Penso piuttosto si tratti della paura di staccare o fuggire dal proprio (comodo) passato e dalle piccole conquiste acquisite.

Rosario Rigano 

  

 
 
 
 
 

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