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Giacomo da Lentini

 
 
 

 

     La poesia italiana dalla Scuola siciliana del 1200

   Nel trentennio compreso all’incirca tra il 1220 e il 1250, fiorì nell’Italia meridionale e specificatamente in Sicilia, presso la corte di Federico II°, un movimento poetico d’avanguardia formato da un gruppo di poeti-funzionari, a cui già Dante e Petrarca (bontà loro), riconoscevano l’autorità e il prestigio di una vera e propria scuola.

    Ne fecero parte, tra gli altri, Giacomo da Lentini*, Guido delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Giacomino Pugliese, Pier delle Vigne, Mazzeo di Ricco, Jacopo Mostacci, Stefano Pronotaro, Pervicalle Doria; i loro testi ci sono stati tramandati attraverso le trascrizioni, che ne fecero in epoca trecentesca, i copisti toscani, e dunque in forma linguistica manipolata e toscanizzata.

    Il tema prevalente di queste liriche è quello dell’amor cortese, derivato dai modelli provenzali e arricchito di nuovi interessi dottrinari, in uno stile spesso complesso e oscuro destinato a una cerchia elitaria di dilettanti colti.

    Tra le forme coltivate da questa poesia (che viene distinta dalla musica) ci sono, la canzone (derivata dai modelli provenzali) e il sonetto (ricavato dalla stanza di canzone su iniziativa di Giacomo da Lentini), che diventa la nuova forma istituzionale della poesia italiana.

    Vengono anche coltivate forme popolareggianti come la canzonetta, la ballata, i dialoghi fra amanti, i lamenti di malamaritate, le gelosesche.

    Fra i principali canzonieri manoscritti che ci tramandano testi siciliani, si ricordano: il pisano canzoniere laurenziano-rediano 9, il canzoniere Palatino 418 (Firenze, biblioteca nazionale) e il canzoniere Vaticano-Latino 3793.

   *Giacomo da Lentini, detto il notaro, fu notaio imperiale di Federico II°, particolarmente stimato dai contemporanei; anche Dante nel De vulgari eloquentia lo ricorda per lo stile limpido e ornato. Ci rimangono circa quaranta componimenti dedicati al tema amoroso trattato con particolare freschezza espressiva.

     A Giacomo da Lentini è attribuita la forma metrica del sonetto

 

 
 
 
 
  

By Rosario Rigano