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   Mal di Sicilia come mal d’Africa?

   Per la redazione di questo articolo mi sono guardato un po’ in giro, curiosando tra le sensazioni di “memorie storiche viventi” tra le conoscenze di studenti, spaziando sulla rete. Proprio sulla rete ho pescato una domanda ed una risposta che mi danno la possibilità di estrinsecare il concetto di cui al titolo.

   Liceo Scientifico Isacco Newton di Roma

   STUDENTESSA: Professore, si dice che la nostalgia sia un voler ritornare indietro nel tempo e in un determinato luogo. Ma mentre è possibile ricreare determinate situazioni, già trascorse, è molto più difficile riprovare le stesse sensazioni. Quindi, possiamo dire che la nostalgia sia un desiderio di ritornare ad un determinato stato d'animo?

   PROFESSORE: sì, con questa domanda Lei coglie subito un tratto fondamentale del significato della parola "nostalgia". La nostalgia ha sempre avuto, come proprio baricentro, il tempo, e, quindi, il problema del tempo. Mentre nello spazio si può andare e tornare da un punto 'A' a un punto 'B' muovendosi nelle sue tre dimensioni, e quindi tornare indietro da un luogo dove siamo stati, di contro non si può tornare verso un tempo che abbiamo già vissuto, perché il tempo è irreversibile. Il tempo è fatto di istanti che non tornano più. E allora la nostalgia ha come oggetto, come sostanza del proprio pensare, della propria immaginazione, un tempo che non ci appartiene più, che è completamente finito. Questa impossibilità di ritornare in quel tempo, pur sapendo che sarebbe possibile, nel caso di un movimento nello spazio, ritornare in un determinato luogo, in quel luogo, questo contrasto tra un tempo impossibile da recuperare ed uno spazio possibile da percorrere, che è un autentico conflitto crea questa sorta di ansietà che è la nostalgia.

   Un breve escursus tra i miei ricordi mi riporta alla mente ciò che ho ascoltato e letto dai migrati di Sicilia riguardo la loro terra di origine e la condizione in cui essi l’hanno lasciata. Chi ha scelto altri lidi per rifarsi una vita l’ha fatto evidentemente perché alla ricerca di miglior fortuna. Chi ha lasciato la terra natia tra gli anni ‘50 e ‘60 pagava la devastazione di una guerra subita e basta.

   Ma forse i nostri emigrati non hanno mai conosciuto ed apprezzato quella Sicilia di cui noi, come testata giornalistica, vogliamo essere i cantori; di quella Sicilia, son certo, avrebbero nostalgia del tempo, dei luoghi e di uno stato d’animo appagante mai più provato. Insomma il sentimento del tempo, come successione di immagini, di emozioni vissute come un ritorno ad una vita, un’esistenza mai pienamente vissuta ma solo sfiorata e tanto desiderata.

   Forse quella Sicilia non esiste più, forse un ponte sullo stretto ne stravolgerebbe l’identità, forse la cementificazione selvaggia ha cancellato le sempreverdi vallate? Forse. Eppure per me ogni angolo, ogni anfratto di qualsiasi paese o città racconta una storia, un evento; esprime una sensazione che ammalia, rapisce e seduce. In questi luoghi di rara e selvaggia bellezza rivivono, suscitati da inconsci ed arcani legami con questa natura, gli stessi sentimenti di cui parla una studentessa d’oltre stretto.

   Sicilia mèta per tutte le stagioni.