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   Roccalumera

 

   Etimologicamente, Roccalumera deriva dal cognome della famiglia La Rocca, il cui castello si può ammirare a Nizza di Sicilia, e dal nome della contrada “Lumera” o “Alumera”, cosiddetta per la vicinanza delle miniere di Allume.

   Paolo La Rocca, cavaliere di S. Giacomo della Spada, sposò, sul finire del ‘500, Caterina Settimo Paruta, da cui ebbe un figlio, Giovanni, che a sua volta sposò Isabella Lanza Abbate, vedova di Antonio Colonna Romano, barone di Fiumedinisi.

   Isabella ereditò dal marito defunto, come feudo, il bosco di S. Michele, un tempo territorio di Fiumedinisi, portandolo in dote al marito. Fu dunque per effetto di questo matrimonio che il La Rocca riunendo i due territori limitrofi. Dette origine alla terra di Roccalumera.

   Il primo proprietario del feudo di Roccalumera è stato il il marchese Pietro Rocca e Lancia nel 1627 per privilegio di Filippo  IV, il quale è stato anche principe d'Alcontres nei Bruzi. Per successione il feudo giunge a Caterina, pronipote di Pietro Rocca, unica erede, andata in moglie a Michele Ardoino, marchese di Floresta e principe di Palizzi in Calabria. A seguito dei nuovi lasciti ereditari i borgo passa dagli Ardoino ai Moncada, per avere Flavia Ardoino (nipote di Michele) sposato Vincenzo Moncada, primogenito del principe di Calvaruso.

   Il titolo di marchese di Roccalumera, aveva fra le sue attribuzioni il sedere nel Parlamento siciliano, fruire del mero e misto impero, ossia esercitare il diritto di grazia e giustizia, tanto da nominare direttamente persino i magistrati.

   Il nucleo originario del paese divenne il borgo di San Michele, già abitato nel corso del XIII secolo, epoca a cui risale l’omonima chiesetta. Roccalumera, durante il feudalesimo, fu sotto il dominio di vari feudatari: La Rocca, Ardoino e infine Stagno. Dopo la costruzione dell’Universitas, a “Roccae Alumarie”, comprendente l’odierna Nizza di Sicilia, fu concesso il titolo di Marchesato.

   Successivamente nel 1816, come gran parte delle Ex Universitae baronali di Sicilia, divenne comune autonomo con l’attuale denominazione.

   Eventi in città

   Sagra del Verdello.

   Premio Nazionale “La Zagara d’oro”

  Anche questo avvenimento riveste notevole importanza per il ritorno d’immagine rappresentato dalla conoscenza e diffusione di un prodotto tipico locale, il limone “verdello”, che è una produzione esclusiva di Roccalumera e che si ottiene mediante un procedimento particolare.

   Nell’ambito della manifestazione, giunta alla 13° edizione, sarà tenuto un convegno sul verdello come valorizzazione del patrimonio agricolo - culturale e la consegna del premio nazionale “La zagara d’oro” ad un personaggio che si è contraddistinto in campo nazionale.

   Antica torre di guardia, comunemente detta “Torre Saracena”. La costruzione risale probabilmente all’inizio del ‘400 e non è improbabile che l’aggettivo “saracena” stia per significare “torre antica”.

   Le funzioni della torre, costruita nei pressi della spiaggia, erano di avvistamento, di prima difesa e all’occorrenza offriva rifugio ai contadini qualora ci fossero incursioni dei pirati. Le segnalazioni di pericolo si effettuavano di giorno con il fumo, e di notte con il fuoco acceso in apposite padelle. Alla torre si accedeva tramite una scala a corda. Scomparso il pericolo dei pirati, la torre fu adibita a torre telegrafo e metteva in comunicazione la contrada detta “Zia Paola”, nome derivato dalla locanda dove i viandanti solevano fermarsi per rifocillarsi, posta sulla Marina di Pagliara, con la cittadina di Barcellona, poco distante da Messina.

   Nel 1578 la “Torre saracena” presentava una struttura con un tetto conico, due lucernari sulla parte superiore, una porticina d’ingresso al di sopra della zoccolatura e, di fianco, alla stalla per il “cavallaio”, visibile ancora oggi.

   Dopo il 1830 furono aperte, nella parte superiore, due finestre a sesto acuto in pietra bianca e il tetto fu arricchito da una notevole merlatura che fungeva da terrazzo. La “Torre saracena” è divenuta nel tempo il simbolo di Roccalumera.

   Salvatore Quasimodo le fu particolarmente legato, dedicandole la poesia “Vicino ad una Torre Saracena per il fratello morto”, riprodotta su una lapide di marmo posta alla base della torre.