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  Stazione Neolitica di Capomulini

   Ho cercato ultimamente di sovrapporre, nel tentativo di far combaciare, diverse teorie, studi ed a volte anche mie personali conclusioni su ciò che dovrebbe essere stata la storia antica della Sicilia. Tra gli approfondimenti di Gaspare Scarcella che ipotizza la presenza dell’uomo di Neanderthal tra il 250.000 a.C. e il 35.000 a.C. considerata l’accertata presenza in quasi tutti i paesi europei ed in Asia occidentale e centrale, gli studi ed i riscontri del centuripino prof. Enrico Caltagirone che in larga parte si è dedicato alla presenza e cultura dei Siculi, alla più certosina ricostruzione in loco fatta dall’ing. Giuseppe Tomarchio presidente della sede acese di Archeo Club, il cui lavoro riporto integralmente in appresso.

   Proprio Gaspare Scarcella nell'introduzione al libro "La Sicilia, dalle origini al processo Andreotti" declama la posizione geografica della Sicilia, posta al centro del mare Mediterraneo in cui ha rappresentato il punto d'incontro e, talora, di scontro tra le principali civiltà di questo bacino. Ogni pietra, ogni anfratto, ogni grotta mostrano i segni definiti della presenza di culture diverse, di cui non tutto, al momento, appare chiaramente decifrabile. Basterebbe, però, che l'interesse verso il passato assumesse i toni e i caratteri della ricerca scientifica oculata e programmata, perchè nuove sensazionali scoperte venissero alla luce per confermare che questa incantevole terra, ove le stagioni s'alternano senza i rigorosi loro tipici sussulti, è stata elevata a dimora dell'uomo sin dalla sua iniziale apparizione sul nostro pianeta.

   La ricerca archeologica, qui, più che un'opera sistematica di valenti studiosi, è stata spesso frutto d'iniziative individuali, i cui risultati sono serviti raramente a squarciare le ombre che ancora oggi avvolgono il passato remoto di questa splendida terra. 

   Il ritrovamento di un giacimento risalente al neolitico ed alla prima fase dell’età del rame sul litorale acese, oltre che contribuire all’allargamento delle conoscenze della preistoria siciliana, può chiarire non pochi punti oscuri sulla fenomenologia della diffusione di quella importantissima cultura neolitica apportatrice di nuove civiltà con società umane che per la prima volta furono composte da agricoltori, allevatori e creatori delle prime ceramiche.

   Per quanto le conoscenze in questo campo siano ancora limitate a causa delle rarità delle stazioni rinvenute e per la carenza di sistematiche ricerche e studi, la diffusione del neolitico nel bacino del Mediterraneo rappresenta un episodio di un fenomeno di amplissima portata che ha investito tutto il continente antico ed in modo particolare tutte le terre bagnate dal Mediterraneo.

   Nell’area etnea, comprendendo in essa la vasta pianura di Catania, le stazioni neolitiche sin ora individuate sono ubicate tutte nell’entroterra. Esse si identificano nei diversi villaggi scoperti nel territorio di Paternò da Corrado Cafici ed ubicate a Trefontane, Poggio Rosso, Fontana di Pepe, Masseria Cafaro ed in altri siti come ad esempio Contrasto di Adrano i cui reperti ivi ritrovati sono ancora in fase di studio.

   Sul fenomeno della diffusione e provenienza della cultura neolitica nell’area del Mediterraneo, ormai quasi tutti gli studiosi concordano su una diffusione per via marina, e non potrebbe essere diversamente visto che ci troviamo su un’isola, e si può anche individuare una evidente irradiazione culturale con epicentro ubicato sulle coste della Siria settentrionale limitante con quelle dell’Anatolia meridionale. Detto flusso culturale, a somiglianza di molti altri che si susseguirono in epoche successive, si è manifestato con una plurisecolare trasmigrazione che partendo dal bacino orientale del Mediterraneo si propagò verso quello occidentale. Efficacissima è la meravigliosa intuizione del Bernabò Brea (La Sicilia prima dei Greci) che ipotizza molto verosimilmente un itinerario migratorio di questa arcaica cultura transitante per alcuni punti geografici nevralgici; isole di Lagosta, Cazza, Pelagosa, Pianosa, Tremiti e poi Gargano, il litorale pugliese, Taranto, Sibari, coste tirreniche della Calabria ed infine la Sicilia.

   Tale tracciato risponde perfettamente ai numerosi riscontri della presenza di questa cultura nelle diverse stazioni individuate nei luoghi citati. Qualsiasi sia stato comunque il vero itinerario migratorio, è ovvio che per la Sicilia, trattandosi di un’isola, l’immissione della nuova civiltà pervenne esclusivamente dal mare e pertanto i luoghi originari di sbarco sono da rintracciarsi lungo i litorali.

   Sino ad oggi la conoscenza delle stazioni neolitiche lungo la costa orientale della Sicilia si limita a rarissimi punti per di più distanti tra loro.

   Essi sono: Grotta Carruggi e Grotta Malafarina (Pachino - SR), Matrensa (Siracusa), Stentinello (Siracusa) Megara Hyblea, La Gisira (Augusta) e Naxos. Mentre l’espansione neolitica nell’entroterra della cuspide sud orientale della Sicilia è resa plausibile dalla presenza delle stazioni costiere di Grotta Carruggi, Matrensa, Stentinello, Megara Hyblea e La Gisira e così pure certe penetrazioni nei Peloritani (Abacenum, San Basilio e Taormina) sono giustificate dalla stazione costiera di Naxos, per le stazioni dell’entroterra etneo non esisteva fino ad oggi alcun riferimento dato che nel tratto compreso tra la Gisira e Naxos distanti tra loro oltre 70 km. circa, non si era mai avuto modo di rintracciare alcuna testimonianza neolitica.

   Il ritrovamento di Capomulini, primo ma forse non unico, colma questa lacuna e la similitudine delle tipologie di forme e impasti delle ceramiche rinvenute con quelle già note ed appartenenti alle stazioni dell’entroterra rafforza l’ipotesi di un diretto collegamento culturale tra la nuova stazione neolitica costiera e quelle dell’entroterra.

   La nuova scoperta ci dà pertanto conferma che il porticciolo ben ridossato di Capo Mulini abbia potuto costituire quell’idoneo punto di sbarco per quelle nuove genti sospinte dal desiderio o dalla necessità di ricercare nuove fertili terre. Una simile ipotesi era d’altra parte facilmente prevedibile tenendo presente che la località è caratterizzata da due fattori determinanti per la scelta di nuovi insediamenti: l’acqua e la sicurezza di approdo.

   Per l’acqua, elemento essenziale per la sopravvivenza e oggetto di particolari cure e preoccupazioni in tutti i tempi, la rada di Capomulini poteva offrire oltre che un corso d’acqua ancora attualmente fluente, diverse sorgenti sulla riva del mare.

   Per la sicurezza d’approdo, i primitivi, ma già esperti navigatori neolitici seppero individuare nell’ampio golfo ben protetto, un sicuro rifugio alle loro esili imbarcazioni e tale rifugio anche ai nostri giorni si rivela il migliore su un lungo tratto di litorale.

Si può presumere pertanto che, non essendo da allora notevolmente mutata la climatologia e la configurazione geologica dell’ambiente, quelle nuove genti, dopo una perlustrazione dei nuovi luoghi e dopo aver constatato l’inidoneità dei terreni prevalentemente rocciosi e aridi posti a settentrione del punto di sbarco, abbiano preferito dirigersi verso sud in zone climaticamente più favorevoli con terreni maggiormente esposti al sole e protetti dai rigori invernali dal massiccio etneo.

   Superando la soglia basaltica dell’attuale sito della città di Catania, si dovette presentare ai loro occhi la sconfinata fertile pianura attraversata dal grande fiume ed in essa riconobbero la terra promessa. Non si spiegherebbe altrimenti la presenza dei numerosi villaggi preistorici di popolazioni agricole sopravvissuti fino all’età Castellucciana (fase più antica dell’età del bronzo) ed oltre, lungo i margini della Piana di Catania in prossimità del Simeto e dei suoi affluenti.

   In relazione a quanto fino ad ora evidenziato, sarebbe auspicabile dar corso ad una più accurata e vasta indagine del sottosuolo per delimitare ed approfondire le conoscenze sull’antica stazione preistorica. Anche se ci si trova soltanto agli inizi, il ritrovamento di Capomulini può costituire un nuovo polo di interesse per gli studi di preistoria della nostra isola e può pertanto allargare gli orizzonti culturali del nostro più remoto passato.

   Aggiungo: Non solo transennare ed occultare ma approfondire per capire e studiare per conoscere prendendone quindi coscienza. E questo riguarda Soprintendenze e neo Poli archeologici inventati ad uopo.

 

 

 
 

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                by Rosario Rigano