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Viaggio culturale

nei comuni del Parco dell’Etna

Tra storia,  mito e documenti mai rivelati

  ADRANO                           Museo Civico

 

   Nell’immensa area vulcanica che interessa per buona parte la Provincia di Catania, sorge Adrano.

 

   La sua esistenza affonda le radici nel secondo millennio a.C. Ancor oggi il suo toponimo è quasi intatto. In realtà dovrebbe essere appena modificato in “ADRAGNI” come in origine, ovvero in età preistoriche, fu coniato e successivamente leggermente modificato per questione di eufonia o di epentesi. La glossa è composita: infatti è costituita da due sostantivi che sono Adri e Agni.

   Il primo nella sua lingua madre vuol dire monte ed il secondo significa fuoco. E’ significativo che Agni successivamente con i latini diventerà Ignis.

 

   Pertanto quella antica etnia che era rappresentata dai Siculi attribuì alla città un nominativo che più mirato e più esplicativo per coloro che arrivavano dalla loro lontanissima Patria d’origine non poteva prestarsi ad alcun equivoco. In definitiva gli adraniti facevano loro sapere di abitare nella città posta sul Monte del Fuoco. Non avrebbero sbagliato destinazione.

 

   Questa certezza è maturata recentemente a seguito di studi glottologici portati avanti dal centuripino prof. Enrico Caltagirone che, unico studioso fuori dagli schemi del mondo accademico è stato in grado di svelare la provenienza della lingua dei Siculi, la loro filogenesi e le loro conquiste mentali e spirituali attraverso le poche epigrafi rinvenute fino ad oggi.

 

   La rivelazione nasce da una circostanza fortuita e da un equivoco di fondo. L’equivoco è nato perché l’iscrizione sicula sul vasetto di Centuripe trafugato poi finito in Germania, è stata interpretata dai glottologi tedeschi come una lingua protolatina per la presenza di due parole che apparentemente sembravano di stampo latino e cioè: Eredes e Vihino. In realtà appartengono alla lingua sanscrita e significano: Eredes = â – ràdhas = appagante, e Vihino = privo di, oppure, senza.

 

   Chiaramente non un solo studioso si è dissociato dalla errata impostazione dei tedeschi e ovviamente le epigrafi sono risultate astruse e intraducibili per quasi duecento anni a tutti gli studiosi del mondo.

 

   Il caso fortuito invece, è stato determinato dal fatto che il prof. Caltagirone mentre studiava il sanscrito presso l’università di Parma, ebbe tra le mani l’epigrafe del vasetto di Centuripe.

 

Si accorse subito con sorpresa ed incredulità che tutte le glosse avevano una parziale corrispondenza con la lingua sanscrita e indagando successivamente più in profondità con la totalità di quella pre-sanscrita stranamente tali glosse nelle radici erano fortemente imparentate con la lingua etrusca. Inutile aggiungere che tutte le iscrizioni sicule ed etrusche sono state svelate e raccolte nelle sue pubblicazioni.

 

   Tornando ad Adrano, sul totale di sette iscrizioni  tre appartengono al suo entroterra e precisamente  

 

sono stati scoperti due frammenti di tegoli di coperture funebri e una stele in pietra arenaria proveniente dalla contrada Mendolito.

 

   Traslitterando le iscrizioni, esse sono riportate come appresso:

 

Primo tegolo: Dvi hiti mrukesh onis uie.

Secondo tegolo:re sesan ires be…

 

La stele: iam akaram e… pia ska ag…es g…d tento veregaieso eka dvara iead.

   I significati sono i seguenti: Primo tegolo: per i due morti qui deposti, invoca Dio

Secondo tegolo:si presume sia consequenziale al primo e dice: concedi ai resti di risorgere.

 

   La stele esposta al pubblico in un muro della città del Mendolito avverte:Questo (sottinteso il muro ove era inserita) è stato costruito da…(illeggibile)… più forte per proteggere le case dalle capre, pertanto (ad essa città sottintesa) una sola porta conduce.

 

   Le iscrizioni sui tegoli, nel contesto delle iscrizioni sicule, nonostante la loro brevità rappresentano qualcosa di speciale. Esse aprono uno spiraglio inaspettato sulle credenze religiose e ci illuminano sul loro mondo spirituale e sull’aldilà.

 

   In effetti trattasi di uno squarcio larghissimo, il popolo siculo anticipando di almeno cinque secoli l’avvento del cristianesimo, già poneva il concetto di resurrezione e forse reincarnazione.

 

   Oggi, i reperti che per tanto tempo giacquero nel museo di Adrano, sono esposti nel museo Paolo Orsi di Siracusa, ben conservati. Della stele non si hanno più notizie.

 

   E’ auspicabile, ora che è stato rivelato, ad opera del prof. Enrico Caltagirone, l’immenso valore dei miseri resti nei quali sono vergate le iscrizioni, i reperti vengano restituiti alla città di Adrano.  

Alfredo Rizza